Arte ai tempi di coronavirus

La fotografia di Melanie Walker, percepita

Il CEO di una compagnia multinazionale con sede a Cleveland, OH, ha deciso di commissionare un corso di formazione per i suoi manager di alto livello. Erano gli anni 80, un momento di recessione economica negli Stati Uniti.

Quando racconto questa storia ai miei studenti sempre chiedo loro di indovinare di cosa trattava il corso. Alcuni dicono, nuove tecnologie – e veramente proprio allora cominciava la rivoluzione digitale. Altri suggeriscono, sicuramente finanza. Continua a leggere “Arte ai tempi di coronavirus”

Artwashing, beni immobili ovvero il vero valore dell’arte

500x, lo spazio nell’area industriale di Dallas, vista nell’anno dell’inaugurazione (1978)

Un evento triste per Dallas: ad aprile chiuderà una delle sue gallerie più significative. Fondata nel 1978, 500x è uno degli spazi artistici più longevi ed è unico perché gestito completamente dagli artisti stessi. Un collettivo in continuo rinnovo, con membri che cambiano ogni anno attraverso un processo di attrizione e domande di nuovi candidati, è stato molto probabilmente il motore più dinamico della vita artistica di Dallas in quanto irreverente e controcorrente, politico di espressione e indipendente dal così detto mondo dell’arte di gallerie tradizionali e musei. Insieme ai programmi di arte delle università della zona, da sempre una influenza importante – molto di più di quello che lo siano le accademie di arte in Italia – questa galleria ha creato un ecosistema significativo e ha convertito Dallas negli ultimi decenni in un posto cool anche per il mercato, oltre a facilitare la prolifica creazione. Continua a leggere “Artwashing, beni immobili ovvero il vero valore dell’arte”

Arte e attivismo

L’anno scorso, mentre insegnavo Art Appreciation (corso introduttivo all’arte per studenti di tutte le discipline), ho avuto una discussione interessante in classe. Il libro basico che usavamo in quel corso proponeva un capitolo sull’arte di protesta, un termine ampio che includeva esempi artistici relativi alla contestazione, dalle caricature dell’Ottocento alle performances di Pussy Riots. Ho chiesto agli studenti perche’ secondo loro i primi esempi di arte di protesta, almeno secondo il libro, risalissero solo a duecento anni fa. Magari prima non c’erano conflitti, o forse l’arte non veniva usata a quello scopo? La discussione e’ risultata abbastanza interessante e ha toccato temi dalla definizione di conflitto, arte e la loro intersezione. Alla fine, quello che e’ stato conservato e trasmesso attraverso i secoli e’ suprattutto arte prodotta da istituzioni e se quella esprime conflitto, sara’ sempre contro altre istituzioni, per cui non entrerebbe nella definizione odierna di protesta.

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Museo della strada

 

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In ottobre del 2017 a Dallas ha aperto le porte il Museo della cultura di strada. Ha aperto in modo letterale e metaforico, cambiando con questo tutto un concetto e pratica nell’intendimento della strada e la pratica artistica e sociale collegata con questa.

Prima di tutto, naturalmente, si tratta della cosidetta street photography: quel genere fotografico Continua a leggere “Museo della strada”

I nuovi trend in museologia

La settimana scorsa si e’ concluso il convegno dell’American Alliance of Museums, l’associazione museale piu’ grande degli Stati Uniti. Abbracciando musei sia di arte, sia di storia e cultura in genere, il convegno e’ un evento rappresentativo di quello che succede nel campo della museologia e curatela.

Ecco cosa c’e’ di interessante: Continua a leggere “I nuovi trend in museologia”

La fotografia internazionale secondo FotoFest, o cosa c’e’ fuori del solito giro globale

Wendy Watriss in discussione di FotoFest

Anche se FotoFest e’ un festival di fotografia (forse il piu’ grande, sicuramente il primo) che tiene luogo ogni due anni, e’ anche un’organizzazione che fa ricerca, mantiene archivio, pubblica libri e anche, attraverso Literacy through Photography, supporta l’insegnamento di fotografia ai ragazzi di zone di bassi redditi di Houston, TX. Pero’ l’attivita’ piu’ importante e’ ovviamente la ricerca e curatela di mostre di grande impatto nel loro avviamento della conversazione sulla fotografia in contesto internazionale. Quelle principali sono naturalmente le mostre del festival, centrate su un tema scelto, diverso ogni due anni – per esempio, tra i recenti sono stati la fotografia russa, quella del mondo arabo, dell’ambiente. Ma anche negli anni di pausa, che e’ il caso del 2017, FotoFest organizza mostre internazionali che portano all’attenzione temi, autori e processi di interesse che poi riprendono da li’ una vita di influenza. Continua a leggere “La fotografia internazionale secondo FotoFest, o cosa c’e’ fuori del solito giro globale”

Decolonizzare Dallas

Super Fantasy Mercado

Dallas non e’ Dallas, ma veramente Messico, un territorio (come tutto Texas) appropriato dagli Stati Uniti 150 anni fa. Ma prima di essere messicano era territorio Wichita. Uptown, il centro di spicco di Dallas, veramente e l’ex Freedmans Town, quartiere degli schiavi liberati.

Decolonize Dallas e’ una serie di eventi, mostre e opere pubbliche che cerca di mettere in evidenza le storie e i prodotti visivi di comunita’ rimaste invisibili: immigrati e rifugiati climatici e di guerre, discendenti di schiavi, comunita’ marginalizzate per una o altra ragione. Questi eventi attivano e rifanno la memoria storica attraverso la cultura, in quattro spazi chiave storicamente contestati, per dare nuove forme alla versione dominante della storia e l’identita’ di queste communita’.

E non e’ solo questione di storia. A Dallas, la cui economia globale nel momento sta fervendo, certe zone – prima desolate e in stato di abbandono, ma anche di costi abbastanza bassi da poter dare tetto abbordabile a ceti sociali di bassi redditi per piu’ di una generazione – adesso stanno diventando troppo care per queste comunita’. Il risultato e’ un esodo di abitanti di basse risorse, la maggior parte anche di minoranze etniche, che insistono su una partecipazione equa. Il colonialismo come concetto di esplotazione e sostituzione di identita’, come anche le sue proteste, risultano un tema abbastanza attuale.  Continua a leggere “Decolonizzare Dallas”

Il Magazzino (pieno zeppo)

Dallas probabilmente ha tante cose simili ad altre citta’ – i musei, gli artisti, i collezionisti, le gallerie, la fiera, gli spazi; cose lodevoli ma non proprio uniche – invece quel  gioiello che la distingue e’ la Warehouse, un essere tra privato e pubblico, tra museo e collezione, infine, tra magazzino di scatole piene di quadri e istituzione stranissima di grande impatto in quanto al mondo dell’arte. Continua a leggere “Il Magazzino (pieno zeppo)”

La fotografia di moda definita nuovamente

bruceweber2 Mi dovrete scusare che la fotografia riceve un posto privilegiato su questo blog, ma, prima di tutto, diventa sempre piu’ frequente negli spazi espositivi e, secondo, e’ la mia arte. A proposito, abbiamo una nuova galleria specializzata in fotografia a Dallas, con la quale diventano quattro.

Comunque la ragione di parlare di Bruce Weber e’ doppia: 1) Perche’ mi e’ sembrato abbastanza interessante che Dallas Contemporary, una kunsthalle dedicata sopattutto a installazioni e proiezioni, abbia dedicato quasi tutto lo spazio espositivo – gigantesco – a una mostra fotografica personale per cosi’ dire “tradizionale”. 2) Perche’ la fotografia di moda non solo e’ importante in Italia per la sua notevole tradizione, ma mi sembra che questa tradizione pesi abbastanza sul resto della produzione fotografica. In un momento questo peso dovrebbe valutarsi. Continua a leggere “La fotografia di moda definita nuovamente”

KAWS, varcando i limiti del pop art

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La retrospettiva di KAWS al Museo di Arte Moderna a Fort Worth, 2016

Un Jeff Koons gia’ piu’ che basta per far vedere, brutalemnte, le limitazioni concettuali della cultura di massa. Ma  come artista Koons veramente non ha fatto altro che ingrandire alcuni iconi dei cartoni animati che dovremmo prendere in giro. (Forse.) La trasformazione di un qualsiasi giocattolo per farlo diventare un oggetto (non deve essere per forza chiamato opera d’arte) che invece contiene e offre qualcosa di piu’ – questo semplicemente non c’e’. C’e’ solo un’iterazione dello stesso oggetto di partenza, ingigantito, come nel caso scandaloso di Popeye.

Per cui a prima vista gli oggetti di KAWS, facilmente identificabili come ispirati a cartoni popolari, solo sbadatamente si potrebbero classificare come un neo-Koons. Continua a leggere “KAWS, varcando i limiti del pop art”