Critique, non critica

Il libro Crits, di Terry Barrett

Una delle cose che più manca, a mio avviso, agli artisti in Italia non sono solo i finanziamenti e le opportunità disponibili altrove ma una cosa semplice e facilissima da fare che non richiede risorse o la benevolenza di un’istitzione, ma invece implica spirito di comunità. Forse suona un po’ arrogante dirlo, ma credetemi, sempre quando l’ho menzionato ad amici me l’hanno confermato. Si chiama art critique con il suo termine inglese. O, detto informalmente, crits. Non si tratta di critica, quella che si scrive sui giornali o le riviste. È una tradizione americana diffusa tra artisti, nelle accademie di arte o anche in contesti creativi diversissimi tra di loro, ma sempre legati a gruppi di lavoro creativi tra pari.

L’art critique è una sessione, o in altre parole, un incontro tra artisti, in cui loro presentano il proprio lavoro ai loro colleghi per ricevere un riscontro costruttivo. È un modo per migliorare il proprio progetto, presentare e ripensare il lavoro in svolgimento e verificare se le scelte creative, di quello finito, evocano le stesse sensazioni e rispecchiano le intenzioni iniziali del loro autore. Così semplice e facile. 

Non so come si svolge l’insegnamento dell’arte nelle scuole di arte o nelle accademie in Italia, ma a quanto pare la crit non è inclusa nella pratica – correggetemi se sbaglio – e invece è importantissima nel confermare percezioni, valutare punti ciechi e processi di pensiero e creare comunità creativa. Si, è vero che questo lo può fare un insegnante, in un contesto di formazione. Essendo tra pari, è piu’ facile stabilire fiducia, ma anche quando è parte di un programma di studio, cioè con la presenza di un insegnante che guida i passi, la comunità che si crea dove l’opinione degli altri è invitata e ascoltata, rappresenta un’opportunità collaborativa di nutrimento creativo, considerazione di nuove prospettive e sostegno del pensiero critico.

La ragione per la quale scrivo questo post è fare rassegna del libro di Terry Barrett, Crits, presentato sopra. Scritto come una guida per studenti, veramente il libro è utile anche per tutti quelli che vorrebbero usare questa modalità per trovare il sostegno nello sviluppare il proprio lavoro creativo, soprattutto artisti e collettivi che lavorano su progetti indipendenti oppure che semplicemente cercano riscontro è accompagnamento nel lavoro troppo solitario che è fare arte.

A parte quello che ho detto sopra, veramente non è cosi’ facile organizzare bene un gruppo di critique. Se gli artisti  già si conoscono tra di loro, questi rapporti certamente influiscono e potrebbero condurre a vecchi rancori che si scontrano per uccidere lo spirito nel punto vulnerabile artistico oppure al timore di ferire i sentimenti altrui e per lo tanto, critique senza senso. Il libro propone come gestire questi pericoli per fare durare il gruppo, perché in realtà non è questione di solo un incontro ma una serie, di almeno un anno, per condurre a processi produttivi.

Quindi a parte la logistica da considerare, c’è anche la dinamica dell’interazione, le relazioni come detto o la mancanza di diversità –  creativa, di identità, di idee – che potrebbe fare impatto. Il libro suggerisce procedimenti utili che instaurano rapporti positivi. Per esempio, ecco alcune idee di procedimenti che potrebbero essere utili in diverse occasioni –  lo speed dating, la scrittura di feedback, i punti di domande prescelte da tutti sugli aspetti del giudizio estetico e quello puramente concettuale, o quello formale, come Cosa?, Come? e Perché?

Parlando di ciò, il libro finisce con delle idee sulla scrittura di artist statement, il cruccio degli artisti che però è importantissimo, essendo richiesto in tutti i concorsi per finanziamento, inviti di partecipazioni e mostre.

Avete provato a fare qualcosa del genere? O forse partecipate in gruppi online che seguono queste pratiche? (Che però per me non è la stessa cosa.) Se per caso siete nella zona di Milano e siete artisti, vorreste partecipare in una critique group? 

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